Salute nei CPR Appello della Federazione Nazionale degli Ordini
Il manifesto 29.06.2025
Andrea Capocci
Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) devono essere chiusi perché «sono sistematicamente e profondamente patogeni e mettono a rischio la salute e la vita delle persone che vi vengono detenute». La posizione e la citazione sono della Società italiana di medicina delle migrazioni e ieri l’appello è stato accolto anche dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo).
Secondo i medici che si occupano della salute dei migranti la natura stessa dei Cpr impedisce di rispettare il giuramento di Ippocrate che impegna ogni professionista: «In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario». Per questo, da giorni circola il loro appello a concludere l’esperienza dei Cpr e la richiesta che sia tutta la classe medica nel suo complesso a prendere posizione e a non collaborare con politiche sull’immigrazione che calpestano il diritto universale alla salute.
L’appello è stato supportato da medici da sempre in prima linea nella salvaguardia della dignità di chi attraversa le frontiere come la medica legale dell’università di Milano Cristina Cattaneo, l’esponente di Medicina democratica Vittorio Agnoletto, l’igienista Gavino Maciocco, la presidente e la responsabile medica di Medici Senza Frontiere Monica Minardi e Chiara Montaldo. Oltre alla chiusura dei centri, i medici della migrazione chiedono che «si dichiari che nessun professionista della salute (…) possa fornire e tantomeno essere costretto a fornire le proprie prestazioni professionali in tali luoghi funzionalmente alla loro operatività (ad esempio tramite la sottoscrizione di valutazioni di idoneità alla reclusione nei Cpr, richieste dalle autorità di polizia) in Italia e all’estero, in quanto privi delle tutele essenziali per le persone detenute e contrari all’etica professionale della cura».
La federazione degli ordini dei medici, che riunisce tutti i professionisti attivi in Italia, venerdì ha accolto e rilanciato l’appello. Non farà piacere al governo il sostegno del massimo organo di rappresentanza della classe medica a un documento che non fa sconti alle attuali politiche migratorie. «Nella sostanza lo condividiamo» spiega al manifesto il presidente della Fnomceo Filippo Anelli. «Registriamo il malessere dei colleghi che vivono in prima persona queste situazioni e vorremmo che il problema dei diritti fosse maggiormente rappresentato. Non mi riferisco solo alle migrazioni, vale anche in ambito penitenziario: sarebbe utile una raccolta sistematica dei dati in questi contesti». Esercitare la professione medica secondo deontologia oggi può mettere in conflitto con la legge? «Diciamo che l’organizzazione di questi luoghi di detenzione ostacola il soddisfacimento dei diritti».
Non aiuta nemmeno il contesto geopolitico. Con l’arretramento evidente del diritto internazionale, anche diritti fondamentali come quello alla salute valgono o meno a seconda dell’appartenenza nazionale e dell’orientamento politico del governo di turno. «Siamo preoccupati» conferma Anelli. «Il prossimo 10 luglio incontreremo a Roma i rappresentanti dei medici di Germania, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia. Insieme, chiederemo alla Commissione Europea non pensare solo a difendere i confini dell’Europa, ma anche il suo welfare». Il piano di riarmo rischia infatti di sottrarre risorse economiche allo stato sociale. «Se per le spese militari passeremo da 45 a 145 miliardi, significa che per le armi spenderemo più che per la sanità (oggi il fondo sanitario nazionale è poco al di sotto dei 140 miliardi di euro, ndr). Per questo chiederemo che la difesa dei diritti sociali come la sanità pubblica non sia compressa dai vincoli di bilancio».





