di Luca Kocciin “il manifesto” del 3 aprile 2020
«Ci fa specie che in questo tempo di giuste limitazioni per contrastare la diffusione dell’epidemia, tra le poche attività lavorative ritenute necessarie ci sia anche quella della fabbricazione e commercializzazione delle armi».La presa di posizione arriva dai vescovi di Piemonte e Valle d’Aosta, attraverso una nota della Commissione pastorale sociale e lavoro della Conferenza episcopale delle due regioni del nord-ovest, nel cui territorio, a Cameri (No), si trova il principale stabilimento italiano per l’assemblaggio dei cacciabombardieri F35 (ne ha scritto Giulio Marcon sul manifesto di ieri).Diciamo no «alla produzione delle armi, soprattutto in questo tempo in cui servono strumenti e attrezzature per la vita e non per la morte», scrivono i vescovi. «Diciamo no a lavori per la guerra, no alla produzione e allestimento degli F35, costosissimo progetto di aerei che possono trasportare bombe nucleari. Quanti posti letto si potrebbero ottenere con il costo anche di un solo aereo? Di benaltro lavoro abbiamo bisogno. Un lavoro che produca vita buona e non morte! Quanto lavoro nell’agricoltura sostenibile, quante piccole imprese importanti per il nostro territorio si potrebbero sostenere con il costo di un solo aereo?».Pochi giorni fa, un analogo appello era stato lanciato da Pax Christi. «Mentre lodiamo e sosteniamo il lavoro di medici e infermieri, mentre chiediamo soccorso ad altri Paesi che ci stanno sostenendo con l’invio di medici, prodotti di protezione medica, specialisti, mentre chiediamo ai cittadini di vivere nell’incertezza e nell’apprensione per il proprio lavoro, consentiamo alle fabbriche di armi dicontinuare a lavorare senza sosta».Ma la Presidenza del Consiglio non sembra ascoltare. Evidentemente le armi sono «essenziali». È solo una questione di buon senso