Calolziocorte. L’ex ministro che si preoccupa della salute degli animali ma non di quella degli esseri umani.

L’ex ministra Michela Brambilla è azionista comproprietaria delle “Trafilerie Brambilla” situate a Calolziocorte con capannoni con coperture in cemento amianto all’apparenza in uno stato di deterioramento. L’AIEA, l’Associazione Italiana Esposti Amianto già nel 2011 aveva chiesto di verificarne il reale stato di pericolosità e di prescrivere tempi e modi per la bonifica. Vi era quindi stata un’ingiunzione dell’ARPA che ne ordinava in tempi brevi (90 giorni) la rimozione. A quel punto lo stesso sindaco aveva invitato i responsabili a provvedere. Nulla è accaduto fino ad ora. Il vicesindaco, con il quale abbiamo avuto un incontro questa mattina, si è limitato a mostrarci una lettera con la quale l’azienda chiedeva, nel luglio 2012, una proroga di un anno prima di procedere alla rimozione; nulla sapeva il vicesindaco sulla risposta dell’ARPA, nulla sembra abbia fatto fino ad ora la stessa amministrazione comunale. Eppure la gravità della situazione non sfugge a nessuno, le fibre d’amianto possono disperdersi nell’aria, venire respirate e produrre tutte le drammatiche conseguenze ormai ampiamente conosciute, fino al mesotelioma, un micidiale tumore della pleura. Oltretutto il cattivo stato di conservazione e le condizioni metereologiche avverse facilitano la dispersione delle fibre. Ma nessuna delle istituzioni preposte sembra preoccuparsene, tanto gli eventuali morti si conteranno tra vent’anni (considerato il lungo periodo d’incubazione del mesotelioma)!

La delegazione di Etico ha chiesto al vicesindaco di avere in tempi brevissimi risposte certe sugli impegni immediati che l’amministrazione comunale e l’ARPA intendono assumere. Nel frattempo l’ex ministra pubblicizza sul Corriere la sua campagna per la difesa della salute degli animali…

Iniziativa davanti agli ospedale di Merate e Lecco. 1) Contrariamente a quanto prevede la legge sul sito della ASL di Lecco non compaiono i tempi di attesa per le prenotazione delle visite e degli interventi sanitari. Se si telefona i tempi di prenotazione rischiano di essere molto lunghi a meno che si opti per il privato e quindi per una visita a pagamento. Ribadiamo che non dovrebbe esistere una diversità nei tempi di attesa tra visita pubblica e privata, le differenze dovrebbero essere altre: ad esempio chi opta per il privato ha la possibilità di scegliere il medico dal quale essere visitato, ha un diverso trattamento “alberghiero” in caso di ricovero (questo non significa che il pubblico debba essere scadente) ecc. ma la differenza non dovrebbe coinvolgere i tempi di attesa. La salute infatti non deve dipendere dalla diversa capacità economica dei singoli cittadini. Alcuni lavoratori dell’ospedale di Lecco ci spiegano che, per alcuni esami diagnostici, i ticket sono talmente alti che la differenza tra costo della prestazione nel privato e il ticket necessario per eseguire l’esame nelle strutture pubbliche è relativamente bassa. Un modo come un altro per spingere i cittadini verso la sanità privata la quale, attraverso i rimborsi che riceve dalla regione per ogni prestazione erogata, contribuisce ad aumentare la spesa sanitaria complessiva che ricade poi sulle spalle di tutti i cittadini.

2) Il nuovo ospedale di Lecco è una vera e propria “grande opera”, una costruzione gigantesca che, a fronte di un grande consumo di suolo e a un pesante impatto ambientale, oggi è utilizzata poco al di sopra del 50 percento delle sue possibilità. Diversi reparti sono chiusi, mai aperti, completamente inutilizzati. Ovviamente i costi di tutto ciò ricadono sui contribuenti.

3) Accade spesso che i malati, in particolare gli anziani cronici, vengano dimessi dagli ospedali senza che l’ASL abbia assunto tutte le iniziative necessarie per garantire loro la prosecuzione delle cure. Costoro e i loro parenti devono arrangiarsi a cercare un posto presso le RSA i cui costi giornalieri in provincia di Lecco variano da un minimo di 40 ad un massimo di 101 euro con una media di oltre 60 euro/die.

Questi costi vengono scaricati sui degenti e sulle loro famiglie che spesso non sono in grado di sostenerli. È evidente la necessità di un diverso programma complessivo di assistenza ai malati cronici garantendo la continuità della cura, l’assistenza domiciliare ecc. Ma la prima iniziativa da assumere è una diminuzione dei costi delle degenze presso le RSA e stabilire che tali costi non possono ricadere sui parenti del soggetto ricoverato: se lui non è in grado di pagare è lo Stato che deve provvedere alla sua salute che, non dimentichiamolo, resta un diritto garantito dalla Costituzione.

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