il manifesto, 4 settembre 2011

“Il rapporto tra la criminalità organizzata, le mafie e la globalizzazione finanziaria” è il titolo scelto quest’anno per la seconda edizione di “OLE – Otranto Legality Experience” che prevede un  Public Forum internazionale aperto a tutte la cittadinanza che si svolgerà dal 9 all’11 settembre ad Otranto.

Il Forum affronterà a 360° le complesse tematiche indicate nel titolo, ma sarà preceduto da un summer camp (le iscrizioni sono ancora aperte) organizzato a Lecce dal 5 al 8 settembre, rivolto a chi intende sviluppare una competenza specifica sulla penetrazione della criminalità organizzata   nella tratta degli esseri umani e nel mercato dell’energia. Saranno infatti questi due, oltre allo studio delle potenzialità e dei limiti dell’azione di contrasto attivata delle istituzioni europee ed internazionali, i temi del summer camp di quest’anno.

“OLE”, Public Forum e summer camp, è organizzato dal network internazionale di Flare (Freedom Legality And  Rights in Europe) in collaborazione con Libera e con il sostegno, tra l’altro, della Regione Puglia e della Commissione Europea (web: www.ole2011.org ; mail: info@ole2011.org)

Ad Otranto e a Lecce saranno presenti relatori provenienti da ogni parte del mondo, si confronteranno competenze differenti in grado di analizzare il fenomeno da angolature estremamente diverse; tra gli altri vi saranno: economisti tra i quali Susan George, John Christensen, Andrea Baranes, Antonio Tricarico e Pedro Paez; magistrati come Jean de Maillard, Francesco Greco, Alberto Perduca, Francesca Nanni; intellettuali e attivisti dei diritti umani come Aminata Traorè, Fathi Chamki, Vincenzo Ruggiero, e oltre a Gianni Tamino, Enrico Fontana, Francesco Strazzari, Emilio de Capitani, Antonio Panzeri, Paolo Beni, Tonio dell’Olio e don luigi Ciotti

La straordinaria attualità dei temi trattati ad “OLE” offre l’opportunità di ragionare attorno alla crisi odierna  superando gli angusti limiti nazionali e osando spingere lo sguardo anche su terreni rischiosi e non a caso volontariamente ignorati dal dibattito ufficiale.

Nel 2006 il 30% delle operazioni sui mercati finanziari erano eseguite da algoritmi di computer senza alcun intervento umano. Nel 2009 queste operazioni, che si concludono spesso in millesimi di secondo e che non hanno alcun rapporto con l’economia reale, sono  aumentate al 60% del totale.

Già nel 1998 il Regno Unito costruiva un quarto della sua ricchezza con l’attività della City.

L’import-export di beni e servizi nel mondo è stimato intorno ai 15.000 miliardi di dollari l’anno. Il mercato delle valute ha superato i 4.000 miliardi al giorno: circolano più soldi in quattro giorni sui mercati finanziari che in un anno nell’economia reale, come dire che oltre il 90% degli scambi valutari è pura speculazione.

Il sistema finanziario sviluppatosi inizialmente come mediatore tra il mondo produttivo e l’apparato statale ha nei fatti assunto su di sé la direzione dello stato.

“ Lo Stato, – sostiene da tempo  Zygmunt Bauman –  per dovere, ma con l’entusiasmo degno di una causa migliore, delega i propri compiti, anzi lì dà “in affitto” alle forze di mercato, che sono anonime, prive di un volto. Di conseguenza i compiti che sono vitali per il funzionamenti e il futuro della società sfuggono alla supervisione della politica e quindi a ogni controllo democratico. Il risultato: si affievolisce il senso di comunità e si frantuma la solidarietà sociale.”

La finanziarizzazione dell’economia, priva di qualunque regola, non è solo una delle cause principali dell’attuale crisi mondiale, ma ha anche favorito il rafforzamento delle economie illegali. La criminalità organizzata, non raramente, ha accumulato un potere ben maggiore di quello di singoli paesi. Le Borse dettano legge e non poche nazioni, anche in Europa,  gareggiano per ospitare i paradisi fiscali.

I confini tra economia legale,illecita e illegale sono sempre meno evidenti.

“I paradisi fiscali sono interamente funzionali a un consolidato sistema di potere politico, economico e finanziario concentrato nelle nazioni più ricche. – sostiene Antonio Tricarico della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale – Secondo un’analisi del  Boston Globe Consulting, la ricchezza detenuta offshore è cresciuta a 7.400 miliardi di dollari nel 2009, dai 6.800 miliardi del 2008.

La rete internazionale Tax Justice Network, ha proposto il Financial Secrecy Index, un indice che permette di stilare una lista delle giurisdizioni meno trasparenti del mondo. Nelle prime dieci posizioni le uniche isole tropicali sono le Cayman e le Bermuda. Notiamo che entrambe sono “British Overseas Territories”, ovvero legate a doppio filo alla Gran Bretagna.”

Per restare alle vicende di casa nostra non è un mistero che nei paradisi fiscali troviamo società nelle quali è lo stesso governo italiano ad essere l’azionista di maggioranza.

Se i paradisi fiscali e gli offshore segnalano quanto sia labile e impercettibile il confine tra economia legale ed economia illecita, il mercato della droga mostra invece quanto sia indissolubile l’intreccio tra economia ufficiale ed economia illegale: senza la cocaina il PIL di molti Paesi occidentali crollerebbe. La criminalità organizzata investe centinaia di miliardi di guadagni della coca all’anno in immobili, titoli, aziende. La coca tira l’economia, ma anche l’economia tira la coca.

La mancanza di liquidità non riguarda i capitali mafiosi che possono fare shopping mondiale a basso prezzo grazie alla crisi. Come ? Con quali alleanze ? Anche di questo discuteremo a “OLE”

Vittorio Agnoletto, direttore culturale di “OLE”

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