La Russa conferma: la menzogna è il normale comportamento del governo italiano. E’ questa l’unica spiegazione possibile alle dichiarazioni del ministro della difesa (meglio sarebbe dire “Ministro della guerra”).
La Russa ha dichiarato che le rivelazione di Wikileaks su due episodi che hanno visto coinvolti i militari italiani in Iraq nel 2004 e nel 2005 non aggiungono “nulla di nuovo” a quello che già si sapeva. Peccato che su Wikileaks si leggono cose estremamente diverse da quanto sempre sostenuto dalle nostre autorità: nel 2005 il sergente Salvatore Marraccino non si sarebbe sparato da solo ma sarebbe stato colpito durante un’esercitazione; nel 2004 sul ponte di Nassiriya, a differenza di quanto dichiarato dei militari italiani, nessuno sparò contro i “nostri” soldati, e il mezzo colpito dal fuoco italiano e saltato in aria sarebbe stata un’ambulanza,che trasportava, tra l’altro, una donna incinta. Ecco un esempio drammatico di civili uccisi, senza alcuna ragione, da militari degli eserciti occupanti che, formalmente, avrebbero dovuto portare pace e democrazia.
Siamo di fronte alla stessa doppia verità di tutti coloro che piangono lacrime di coccodrillo ogni volta che una bara torna dall’Afghanistan in Italia e che pochi giorni dopo sono pronti a votare nuovamente a favore del proseguimento della missione di guerra.
E’ estremamente grave che l’opposizione parlamentare abbia fino ad ora sottovalutato le rivelazioni apparse su Wikileaks e non ne abbia chiesto conto al governo. La ragione è molto semplice: gran parte dell’opposizione non ha alcun volontà di chiedere un dibattito sul comportamento dei nostri soldati nelle missioni di guerra perché, da tale confronto, emergerebbero ulteriori ragioni per chiedere il ritiro delle nostre truppe dall’Afghanistan. Scelta che l’attuale opposizione parlamentare non ha alcuna intenzione di sostenere; al di là delle dichiarazioni di rito di fronte alle bare di soldati italiani.
E il movimento, purtroppo, non è sufficientemente forte per imporre tale scelta come avvenne per l’Iraq.
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