– mio articolo da Il manifesto

Si apre oggi a Vienna la XVIII Conferenza Internazionale sull’AIDS. Forte è il rischio che diventi una semplice ricorrenza destinata a ripetersi stancamente ogni due anni. Invece la pandemia dell’AIDS rappresenta uno dei paradigmi più espliciti della nostra società globale.

Secondo i dati 2008 dell’UNAIDS (l’agenzia ONU sull’AIDS) su 33,5 milioni di persone HIV+ 22,5 vivono nell’Africa sub sahariana e su 2 milioni di morti quasi  i 3/4 si sono verificate nella stessa regione.

Nel frattempo il Vaticano non perde occasione per condannare l’uso del preservativo e le grandi fondazioni USA tagliano i finanziamenti a chiunque ritenga un dovere morale distribuire profilattici per salvare delle vite.

Quando Kofi Annan lanciò nel 2001 il Fondo Globale per la Lotta all’AIDS, TBC e Malaria dichiarò che per porre sotto controllo l’epidemia sarebbero necessari dai 10 ai 15 miliardi di dollari/anno; da allora in 9 anni ne sono stati raccolti 13. E in futuro le donazioni dei Paesi ricchi, con la crisi, sono destinate a diminuire al punto di mettere in forse il finanziamento 2011. In questo contesto si distingue l’Italia che deve ancora versare tutta la quota del 2009 e quella del 2010, 260 milioni totali, nonostante al G8 il presidente del Consiglio dichiari che il nostro Paese triplicherà la propria quota.

Oggi secondo UNAIDS le persone che necessiterebbero della terapia antiretrovirale sarebbero 9 milioni, mentre solo 3 (gran parte nell’emisfero nord) ne hanno accesso; mancano 6 milioni di persone all’appello. Negli ultimi anni l’accesso alle terapie è diventato più difficile, ad esempio nel 2005 l’India è stata obbligata dal WTO ad approvare una legge che tutelasse i brevetti farmaceutici delle multinazionali, interrompendo quasi totalmente una lunga tradizione risalente a Gandhi, che ne faceva la “farmacia dei poveri”, ossia il Paese che produceva farmaci generici, senza brevetto, e li esportava in Africa e in Asia.

Big Pharma ha un potere senza limiti e per raggiungere i propri obiettivi non rinuncia ad alcun strumento, legale o illegale, come è accaduto nella vicenda del vaccino H1N1. Non è stato un caso che l’OMS sia giunto, per la prima volta nella sua storia, a modificare la definizione di “pandemia” per farvi rientrare l’ H1N1 e favorire l’immissione sul mercato di milioni di vaccini inutili, per un’epidemia che non c’è mai stata, se non nell’allarmismo creato ad hoc dalle aziende farmaceutiche. Le stesse aziende che, in spregio a qualunque regola sul conflitto d’interesse, avevano collocato i propri esperti in SAGE (il gruppo di consulenti dell’OMS) e figuravano tra i finanziatori di ESWI (il gruppo europeo di ricerca sull’influenza).

Europei, nordamericani, giapponesi invasi da vaccini inutili, milioni di africani senza i farmaci essenziali. Questa è la centralità del mercato.

In occidente le terapie antiretrovirali prolungano la vita delle persone sieropositive ma non distruggono il virus; aumenta quindi il numero delle persone HIV+ viventi e la possibilità di venire in contatto con il virus. In Italia si stima che siano 180.000 le persone HIV+. Ma non si investe niente nella prevenzione.

Si aspetta che le persone si infettino e che diventino “clienti” fissi delle case farmaceutiche che producono gli antiretrovirali; intanto lo Stato paga circa 1,5 miliardi di euro/anno per garantire terapie e assistenza a 60mila persone in fase avanzata di malattia, mentre altre decine di migliaia non sanno di essersi infettate e aumenta il rischio per la collettività. Intanto, per la prima volta, una conferenza mondiale si apre con un documento ufficiale, la «Dichiarazione di Vienna» che boccia il proibizionismo e la guerra alla droga, sostenendo che: «La criminalizzazione dei consumatori di droghe sta alimentando l’epidemia di HIV e ha comportato conseguenze negative per la salute pubblica e a livello sociale». Il testo chiede ai governi di adottare un approccio scientifico e non ideologico al problema.

Gli africani non possono pagare, lasciamoli morire; la prevenzione non produce profitti: lasciamoli ammalare, poi li cureremo a caro prezzo. Le regole e le conseguenze della globalizzazione liberista sono semplici, elementari; per comprenderle basta non voltare la testa dall’altra parte.

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