1° dicembre, giornata mondiale di lotta all’AIDS. Sette persone si infettano ogni giorno con il virus HIV in Italia. L’87,6% di costoro si sono infettati per via sessuale e la grande maggioranza ha scoperto di essere HIV positiva solo quando il sistema immunitario era già fortemente compromesso.
Dietro questi freddi numeri ci sono le storie personali di migliaia di persone e le conseguenze delle scelte dei governi. Innanzitutto, l’assenza da diversi anni di qualunque campagna di prevenzione, in un contesto nel quale è stata messa al bando ogni forma di educazione alla sessualità e all’affettività. Il risultato è che i giovani nulla sanno dell’HIV e che gli adulti ritengono l’AIDS un capitolo del passato; con conseguenze anche per le casse pubbliche, considerato che le persone infettatesi dovranno stare in terapia farmacologica tutta la vita con farmaci forniti dal Servizio Sanitario Nazionale.
Le diagnosi tardive facilitano la diffusione del virus, molte persone non sanno di essere positive. E’ necessario favorire l’accesso al test, gratuito e in anonimato come prevede la legge, con strategie comunicative in grado di superare la paura dello stigma, il timore dei giudizi altrui e le barriere linguistiche.
A livello mondiale le brusche riduzioni degli aiuti internazionali per l’HIV nel 2025, provocati dalla decisione di Trump di tagliare i programmi di cooperazione internazionale e dall’aumento generalizzato delle spese militari, che hanno diminuito i contributi dei Paesi donatori, hanno fortemente ridotto i finanziamenti.
Vari ricercatori, come riportato nella mia newsletter Diritti in Salute (iscrizione gratuita), hanno valutato le conseguenze del disimpegno Usa. Cifre impressionanti: nei prossimi cinque anni si verificherebbero complessivamente oltre 14 milioni di mortialtrimenti evitabili e molte di queste dipenderebbero proprio dal virus HIV.
Il traguardo, che doveva essere raggiunto nel 2025, del “95-95-95”, ossiache il 95% di tutte le persone con HIV siano rese consapevoli del proprio stato sierologico, che tra loro il 95% acceda alle terapie antiretrovirali e che il 95% di chi è in terapia raggiunga la soppressione sierologica, appare ancora molto lontano.





