Negli ultimi giorni si è parlato molto di liste d’attesa. Un tema che come sapete io analizzo e discuto da tempo, grazie anche alle testimonianze che arrivano alla trasmissione 37e2.

Siamo di fronte ad un decreto che nulla cambia e ad un disegno di legge con qualche promessa e ulteriori regali alle strutture private. 

Il decreto approvato il 4 giugno dal Consiglio dei ministri è infatti un manifesto con delle dichiarazioni di principio destinate a non avere alcuna ricaduta concreta sui cittadini. Alcuni provvedimenti riprendono misure già previste da leggi esistenti ma fino ad ora ignorate, come il divieto di chiudere le agende o la possibilità di ricorrere all’intramoenia (visita privata in una struttura pubblica al solo costo del ticket) di fronte all’impossibilita del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) di eseguire la visita nei tempi previsti; o ancora, l’istituzione di un CUP unico regionale per tutte le strutture pubbliche e private convenzionate.

Altri provvedimenti sono ben al di sotto del necessario: ad esempio il divieto per un dipendente del SSN di esercitare un volume di attività libero-professionale superiore a quella che svolge per i suoi compiti istituzionali, appare ovvio, ma è ben poca cosa; sarebbe invece doveroso prevedere anche una misura ben più efficace come la sospensione dell’intramoenia quando un ospedale non rispetta i tempi previsti dalle prescrizioni dei medici curanti. 

Infine, alcune indicazioni sono semplicemente irrealizzabili. L’apertura degli ambulatori nel weekend, misura impraticabile con i medici del Servizio Sanitario già sottoposti ad orari impossibili, ne è un esempio. Il rischio è che questo si trasformi in un ulteriore regalo agli ambulatori privati e ai loro liberi professionisti.

Nulla di nuovo quindi, se non la possibilità di sforare di un ulteriore 5% la spesa per il personale e la riduzione al 15% di tassazione dell’attività aggiuntiva svolta dai medici, indipendentemente dal reddito.

Poi c’è il disegno di legge che dovrebbe essere approvato entro quest’anno, sempre che l’urgenza della questione sanitaria non svanisca una volta passate le elezioni. Tra le promesse la definitiva cancellazione del blocco delle assunzioni sostituita da un nuovo meccanismo regolatorio tutto da stabilire. E poi un aumento della remunerazione per le ore aggiuntive dedicate all’attività ambulatoriale per abbattere le liste d’attesa, ma non un aumento generale degli stipendi del personale sanitario che restano tra i più bassi d’Europa.

Il governo punta soprattutto su un incremento dell’attività delle strutture private: il decreto e il disegno di legge hanno raccolto subito il plauso dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata (AIOP); e punta sui contratti libero professionali dentro il SSN. Una tendenza pericolosa, che rischia di diventare strutturale.

Secondo quanto annunciato, l’abbattimento delle liste d’attesa dovrebbe rientrare nella valutazione per rinnovare gli incarichi ai direttori generali fino ad ora scelti per fedeltà politica. Ma anche questa sembra più uno specchietto preelettorale che un serio impegno per il futuro.

Infine, per i Dipartimenti di salute mentale è annunciato per il prossimo triennio un investimento estremamente limitato, se confrontato con la drammatica situazione del settore.

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