Pochi giorni fa un tribunale della California ha stabilito che la Monsanto conosceva i rischi per la salute del glifosato, sostanza già ritenuta probabilmente cancerogena dall’ IARC, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS;lo stesso tribunale ha condannato l’azienda, da poco acquisita dal gruppo tedesco Bayer, a versare oltre 200 milioni ad un giardiniere che è stato colpito da tumore dopo aver usato prodotti a base di glifosato. Una sentenza storica che arriva un anno dopo la proproga per cinque anni nell’uso del glifosato stabilito, tra le proteste delle asociazioni di tutta Europa, dalla Commisione Europea con il sotegno della Germania. Qui sotto l’articolo apparso su “il Manifesto” il 12agosto firmato da Giuseppe Onufrio, che a mio parere ben sintetizza la vicenda.

La Corte della California che, in primo grado, ha condannato la Monsanto, recentemente acquisita dalla multinazionale tedesca Bayer, a risarcire con 289 milioni di dollari il giardiniere Johnson DeWayne, per aver contratto un tumore utilizzando erbicidi a base di glifosato è, per molti versi, storica. Per almeno due ordini di motivi: il primo è che per la prima volta in un’aula di tribunale viene riconosciuto che la stessa Monsanto era al corrente dei rischi per la salute umana del prodotto messo in commercio; il secondo è che le cause contro la Monsanto sono diverse e riguardano potenzialmente anche altri pesticidi a base di glifosato, accusati di contribuire a provocare il linfoma non-Hodgkin. La bayer si difende e farà appello, ma è chiaro che coloro i quali hanno sollevato le accuse di pericolosità di questi fitofarmaci, e in Italia la coalizione StopGlifosato, di cui Greenpeace fa parte, segnano un punto a loro favore.

È dunque da una Corte degli Stati Uniti che arriva questa decisione, mentre alla fine del 2017, nonostante 1,3 milioni di firme raccolte, la Commissione Europea aveva prorogato l’autorizzazione all’utilizzo del glifosato per altri cinque anni. I Monsanto papers – ovvero una serie di e-mail interne della Monsanto pubblicate sempre da un tribunale della California – rivelarono alcune delle tattiche utilizzate da Monsanto per ottenere valutazioni favorevoli dalle agenzie di regolamentazione.

Le email fanno intuire inoltre che Monsanto possa addirittura avere scritto direttamente documenti di carattere scientifico e pagato poi scienziati indipendenti per «editarli e firmarli col proprio nome».
Questo composto, un erbicida ampiamente utilizzato per la produzione di commodities di largo consumo come il grano, si trova, in tracce, in moltissimi prodotti.  Lo Iarc – l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms – lo considera da tempo come probabilmente cancerogeno per l’uomo.

Inoltre, nei fitofarmaci il glifosato – di cui esistono 750 formulazioni commerciali – è miscelato con altre sostanze (i cosiddetti «coadiuvanti») che potrebbero amplificarne gli effetti tossici.

L’Efsa – l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare – e l’Echa – l’Agenzia europea per le sostanze chimiche – lo ritengono, anche sulla base di lavori non pubblicati, “probabilmente non cancerogeno”. In polemica con questa affermazione, novantasei scienziati indipendenti, tra cui molti di quelli coinvolti nel riesame dell’Oms. Uno di questi scienziati, il dottor Christopher Portier, ha anche evidenziato che l’Efsa e l’Echa non hanno rilevato numerosi collegamenti a tumori evidenti negli studi sugli animali effettuati dalle aziende produttrici di glifosato e mai pubblicati. E tutto ciò proprio mentre negli Usa la California aggiungeva il glifosato alla lista di sostanze chimiche che possono causare il cancro.

Si può fare a meno i sostanze come il glifosato? Centinaia di migliaia di agricoltori biologici mostrano ogni giorno che è possibile controllare le erbe infestanti senza l’utilizzo di glifosato e di altri erbicidi. Nei seminativi, ad esempio, una combinazione fra rotazione delle colture e uso di colture di copertura può sopprimere la crescita delle erbacce. Per combattere le infestanti rimanenti, possono essere utilizzati mezzi meccanici (ad es. una lavorazione leggera del suolo prima della semina). E’ essenziale, però, che gli agricoltori vengano sostenuti per l’applicazione di queste misure.

Una considerazione finale riguarda poi il contesto in cui tale sentenza arriva: l’Epa – Agenzia per l’Ambiente – di Donald Trump propone di riaprire la porta a prodotti contenenti amianto (!), i cui effetti sulla salute sono da tempo ben noti a tutti, trasformando il bando totale in una valutazione caso per caso per 15 usi specifici. Il sovranismo di Trump è (anche) la reazione di alcuni vecchi settori – carbone, petrolio, acciaio e ora anche amianto – ai cambiamenti necessari per proteggere ambiente e salute.

A settembre, sempre in California, stato con la normativa ambientale tra le più severe, si terrà il Summit globale di azione per il Clima, anche per rispondere al Trump che definisce i cambiamenti climatici “una truffa”. Speriamo di ricevere altre buone notizie dalla California, che sta già pagando a caro prezzo le conseguenze dei cambiamenti climatici: l’impegno americano – e anche solo di parte degli Usa – nella sfida globale è essenziale.

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