Vittorio Agnoletto, medico

Forse questa volta le mie non sono parole politically correct ma sono spontanee.

Quando la freddezza dei numeri domina ogni cosa, occulta nomi e volti delle persone,

scompare ogni pietas, viene cancellato ogni diritto,

l’anziano, una volta rispettato saggio di una comunità,

diventa un peso già morto dal quale va accelerato il commiato,

il disabile, colpevole di scarsa produttività, va abbandonato al suo destino.

Quando ho letto la proposta del commissario Carlo Cottarelli di tagliare le pensioni d’invalidità ho chiuso gli occhi e per qualche secondo ho rivisto, una dopo l’altra le facce di coloro che avevo visitato la mattina nelle commissioni d’invalidità.

La novantenne con paraplegia e incontinenza urinaria; il signore di 52 anni con tumore alla prostata, sindrome depressiva e grave retinite pigmentosa; l’anziano che durante il nostro colloquio indicava la badante come sua moglie e sosteneva che un caffè costa 10.000 lire; la ragazza ricoverata per l’ennesima volta in psichiatria con un TSO – Trattamento Sanitario Obbligatorio – per atti di autolesionismo; la giovane mamma con i due gemellini, un bambino e una bambina di sei anni con grave ritardo mentale; la signora di sessant’anni con tumore all’utero con metastasi polmonari, cardiopatica e con un anchilosi lombare…

Ho riaperto gli occhi e ho letto su un giornale che il commissario “tagliatutto” riceve per il periodo del suo incarico, tre anni e qualche mese, uno stipendio di 950.000 euro pagati da noi.

Ho acceso la televisione e ho ascoltato il Presidente del Consiglio che parlava della necessità di restituire al Paese una maggior giustizia sociale e di cancellare odiosi privilegi maturati nel tempo.

Improvvisamente mi ha colto una forte nausea, un conato di vomito, un grave crisi depressiva.

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